Ballan: “Il Fiandre? I veri appassionati non possono non amarlo”
Quando giunge il mese di aprile ed il Giro delle Fiandre è ormai imminente, non si più non pensare all’ultimo grande corridore italiano che ha fatto sua questa Classica Monumento tanto cara ai belgi.
Abbiamo incontrato Alessandro Ballan e lo abbiamo intervistato per voi:
1- Ballan, che cosa vuol dire per Lei il Giro delle Fiandre, quali sensazioni le rievoca?
Innanzitutto voglio dire che il pavé o si ama o disprezza. Per me le classiche del pavé sono state un “amore a primo impatto”. I muri mi piacevano davvero. Essendo una gara molto sentita dai belgi (per loro è un “mondiale”), ancora mi riaffiorano le sensazioni che tutta quella folla di appassionati mi trasmetteva. È sicuramente una gara che i veri appassionati di ciclismo non possono non amare.
2- Come si preparava a questo importante appuntamento della stagione?
Diciamo che impostavo la preparazione invernale per farmi trovare al meglio durante tutto il periodo delle classiche. Dal 20 novembre quando salivo in bici, iniziavo una preparazione specifica tra palestra e strada. Erano mesi intensi di lavoro, sempre nell’ottica di arrivare al 100% nel mese di aprile. Già dal 2004 quando correvo con Bortolami è sbocciato l’amore per il pavé ed ho iniziato a fare le prime esperienze in Belgio. Nell’anno successivo, il 2005, sono arrivati i primi riscontri positivi: si può dire che ero già protagonista della corsa.
3- Che caratteristiche deve avere un corridore da pavé?
Bhè, come dicevo, occorre soprattutto amarlo. Come tutti sanno, bisogna essere dei buoni passisti “non leggeri” altrimenti la bici è difficile da controllare. Poi una grande importanza la riveste l’allenamento specifico: io per esempio, d’inverno in palestra, mi allenavo con delle molle sulle mani su cui facevo pressione. Così facendo le rafforzavo molto e mi permettevano di affrontare al meglio le vibrazioni sul pavé.
4- Per quanto riguarda la meccanica, quali modifiche apportava alla sua bici in termini di ruote, pressione delle ruote, nastro del manubrio, biomeccanica ecc…?
Il Fiandre non è come la Roubaix, quindi in fin dei conti le modifiche non erano poi molte. Principalmente mettevo del gel sotto il nastro per attutire le vibrazioni e sceglievo una sella più morbida. Invece per quanto riguarda la Roubaix cambiavo bici: oltre a quello che ho detto prima, evitavo di montare sulla bici qualsiasi elementi in carbonio, neanche reggisella e attacco manubrio. Gonfiavo le ruote a 6 atmosfere, che sarebbero poi diventate 5 quando si entrava nel vivo della corsa, così facendo la bici si guidava meglio. In più avevo il carro posteriore più lungo di 1,5 cm per avere una bici più morbida.
5- Come bisogna affrontare un muro di pavé?
Prima di tutto bisogna prenderlo “aggressivamente” e dare il massimo fino alla fine, anche perché se si mette il piede a terra è finita. Occorrerebbe arrivare a piedi fino in cima! Poi un altro segreto è non perdere mai la velocità in quanto ti aiuta sopportare meglio ed evitare le vibrazioni.
6- Che emozioni si provavano sul Koppenberg o sul Grammont?
Si fa davvero fatica! Ma non come la salita o il vento, un tipo di fatica che si può provare solo lì, quando affronti quel muro durissimo tra due ali di folla esultante. Poi mi ritornavano in mente l’emozione che provavo da piccolo quando guardavo le imprese di Ballerini o Museeuw in tv. Indescrivibile!
7- Come bisogna correre questa Classica e qual è il muro o il punto della corsa in cui si fa davvero la differenza per vincere?
La prima parte di corsa è sempre controllata, quindi i primi muri si affrontano a velocità moderata. Per quanto riguarda la vecchia edizione (quella prima della variazione di percorso attuata nel 2012), la selezione iniziava nel Kwaremont e se un corridore voleva far sua questa classica doveva spingere il più possibile sul Grammont, come è riuscito a me quando ho vinto nel 2007, battendo poi Hoste in volata. Nelle ultime edizioni invece i punti in cui bisogna fare attenzione sono il Paterberg, il Koppenberg e ancora il Kwaremont, in quanto si ripetono spesso nel finale. Poi occorre fare sempre attenzione a chi anticipa. Nella parte finale di questa corsa, ogni azione può essere quella decisiva.
8- Parentesi, ci parli un po’ della differenza tra pavé fiammingo e quello della Roubaix…
Il pavé composto dei muri belgi è ben diverso dalle “schiene d’asino” francesi. Poi al Fiandre i km di pavé sono pochi e non tutti affrontati ad gran velocità, mentre alla Roubaix i 50 km di pavé sui 250 totali si fanno sentire di più. Mi ricordo la Roubaix di qualche anno fa: ero messo bene ai – 30 km all’arrivo ma le vibrazioni sul manubrio mi hanno messo KO e sono stato costretto al ritiro. Queste cose al Fiandre non mi sono mai successe.
9- Che consigli si sente di dare ai cicloamatori che affronteranno il Giro delle Fiandre Cyclo?
L’unica cosa che mi sento davvero di dire è di prepararsi perché nelle Fiandre si capisce veramente cos’è l’amore per la bici. E lo si capisce tra una folla entusiasta che vuole bene ai corridori.
10- Il suo ricordi più bello?
È sicuramente la gara più entusiasmante che ho fatto nella mia carriera. In 7 partecipazioni sono arrivato 6 volte nei dieci, ogni edizione mi ha regalato un ricordo speciale. Sono state delle esperienze che mi hanno fatto capire quanto sia bello correre in bici.
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Dopo le parole di Alessandro Ballan non ci resta che partire e sfidare anche noi le mitiche strade del Giro delle Fiandre! Ci vediamo domani in Belgio!
A presto
Bike Division Staff